Sunday, February 12, 2006

SPORT - Il libro - parte 1. (Da premessa a Dizionario delle fonti di energia e loro utilizzo)

PREMESSA:

L’allenamento è costituito da una serie di stimoli, ognuno dei quali è in grado di alterare temporaneamente l’equilibrio in cui si trova l’organismo.
L’organismo, a sua volta, fornisce una risposta immediata,modulata in rapporto allo stimolo, che tende a ripristinare temporaneamente una nuova situazione di equilibrio.

Se gli stimoli che alterano temporaneamente l’equilibrio vengono riproposti con una certa periodicità, l’effetto temporaneo si trasforma progressivamente in effetto duraturo che tende a persistere per tempi più lunghi ed a decedere molto più lentamente anche in assenza di minori stimoli.

La ripetizione degli stimoli ha, cioè, comportato un adattamento dell’organismo ad un livello superiore di prestazione di quello di partenza.
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SISTEMA CARDIOCICOLATORIO
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SOGLIA MASSIMA DEL RITMO CARDIACO: senza strumenti si può calcolare così:
220 – l’età (es.: un individuo di 30 anni = 220 – 30 = 190 Soglia Massima (SM).
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VELOCITA’ DI DEFLESSIONE: velocità massima e mantenibile per poco tempo, poiché l’ossigeno
che viene introdotto nell’organismo non è sufficiente al lavoro dei
muscoli, per cui si accumula acido lattico.

RITMO ALLENANTE: si ottiene tenendo il ritmo cardiaco tra il 75% e l’ 85% della soglia
(resistenza aerobica) massima per periodi di tempo programmati (fig. I )
(fonte: American College of Sports Medicine – ACSM)
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N. B.: per migliorare significativamente le qualità aerobiche, è utile che nei muscoli venga
utilizzata una piccola quantità di acido lattico.
Questo si ottiene avvicinandosi per periodi medio - lunghi all’ 85% della SM, o per
periodi brevi (da 30 secondiinterval training- fino a 4, 5 minutifrazionati lunghi)
superando l’ 85% della SM (accumulando comunque debito d’ossigeno).
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Ogni atleta ha una velocità, o sforzo fisico, in cui non si produce acido lattico, una
in cui se ne produce una limitata quantità che è subito riutilizzata ed una in cui si
produce acido lattico fino all’affaticamento (velocità di deflessione – fig. xxv -
test Conconi).
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Per elevare il più possibile la velocità di deflessine occorre scegliere velocità e/o intensità dello sforzo d’allenamento, che si discostino di poco da essa per un elevato numero di sedute.
Inoltre è indispensabile usare anche altri metodi, primo fra i quali quello che facilita l’utilizzo degli acidi grassi da parte dei muscoli.
Questo si ottiene allenandosi a basse intensità di sforzo (basse velocità) per periodi lunghi (RESISTENZA AEROBICA).
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EFFETTI DI TRAINING SUL:
SISTEMA MUSCOLARE:
la forza di un muscolo è direttamente proporzionale alla sua superficie di sezione trasversale, quindi, quanto più il muscolo aumenta di volume tanto più aumenta la forza.
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SISTEMA CARDIO CIRCOLATORIO:
l’allenamento determina l’aumento del volume e del peso del cuore, oltre all’ampiezza delle cavità, con conseguente aumento delle quantitàdi sangue immesso in circolazione ad ogni pulsazione. La conseguenza è la diminuizione delle pulsazioni nell’ individuo allenato, sia sotto sforzo che a riposo.
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SISTEMA RESPIRATORIO:

aumento dell’elasticità toracica. Diminuizione della frequenza respiratoria. Elevazione dello scambio gassoso. Migliore utilizzo dell’ossigeno.
(fonte: “CORRERE” – Arcelli)
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SALUTE:
un allenamento costante e corretto producono benefici sullo stato di salute generale. Soprattutto quello cardiovascolare o aerobico, che è strettamente correlato alla capacità del sistema cardiovascolare di trasportare ossigeno nell’organismo e quindi all’aumento del massimo consumo d’ossigeno (VO2max), determinando un cuore più forte ed efficiente, con relativa diminuizione del rischio di malattie cardiovascolari.
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CONTROLLO DELPESO CORPOREO:
se ci si allena per dimagrire è da tener presente quanto segue: quando si bruciano calorie, il corpo utilizza i grassi (lipidi) ed i carboidrati (zuccheri) come fonti principali d’energia.
La quantità di grassi nel totale del calcolo del consumo calorico varia tra il 10% e il 60%. La parte rimanente (40% ÷ 10%) è costituita per lo più da carboidrati. Più bassa è la frequenza cardiaca, maggiore sarà la percentuale di grassi sul totale delle calorie bruciate. Se, quindi, l’obiettivo è quello del controllo del peso, ci si deve allenare rimanendo nella parte di fascia allenante con i limiti inferiori, o anche con una frequenza cardiaca più bassa, calcolata attorno al 65% ÷ 70% della soglia massima (vedi fig. I, pag. 2) – esempio per un individuo di 30 anni:
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220 - 30 = 190 x 65% = 124
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(fonte: “AEROBIC FITNES NORMS FOR MALES END FAMELES AGED 6 TO 75 YEARS” )
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POTENZIAMENTO GENERALE ARTI INFERIORI
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  • Corsa su terreno collinare
  • Circuit training in palestra
  • Esercizi neuro muscolari a carico naturale ( skip, salti, balzi e controbalzi)
  • Lavoro specifico con attrezzi

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MECCANISMO ENERGETICO DEI MUSCOLI
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Il meccanismo energetico della contrazione muscolare è il seguente: la scissione di una molecola ad alto potere energetico (ATP) in un’altra a più basso potere (ADP), provoca la liberazione d’energia utilizzabile per l’esercizio. La resintesi dei legami energetici (da ADP a ATP) avviene in prevalenza a spese dei carboidrati e, cioè, del glucosio. Acidi grassi e proteine vengono utilizzati principalmente durante sforzi di intensità superiore ai 60 secondi.
(fonte: “SPORT E MEDICINA” mag-giu 1994)
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I MUSCOLI, IL TESSUTO MUSCOLARE, LA CONTRAZIONE MUSCOLARE
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Premessa: nozioni.
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NEURONI:
unità elementare del funzionamento cerebrale. Ce ne sono circa 30 miliardi alla nascita e non si rinnovano. Ogni neurone è costituito da un corpo cellulare, da una o più dendriti e da un solo cilindrasse. Questi due elementi formano le fibre nervose. In ogni fibra circola una mini corrente elettrica, l’impulso nervoso. I neuroni non si toccano tra loro, giunto all’estremità di un primo neurone, l’impulso nervoso si trova di fronte ad uno spazio che non riesce a superare: tale spazio e detto sinapsi.
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NEUROTRASMETTITORI:
sostanze chimiche che permettono di superare le sinapsi e di comunicare tra neuroni. L’arrivo dell’impulso nervoso a livello sinaptico provoca il riversamento di questi neurotrasmettitori nello spazio sinaptico. I neurotrasmettitori vengono quindi captati dall’elemento post – sinaptico (secondo neurone), il che genera un nuovo impulso nervoso. Tutto il funzionamento cerebrale interno si riduce a questa trasformazione elettro – chimico – elettrico.
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MUSCOLO:
il muscolo, che è all’origine dei movimenti, è un tessuto contrattile di varia costituzione (liscio, striato, cardiaco). La contrazione del muscolo è il risultato di un complesso processo di reazioni chimiche.
I muscoli striati, che fanno muovere lo scheletro, dipendono dalla volontà sotto l’azione del sistema nervoso: un impulso nervoso proveniente dal cervello, o dal midollo spinale, provoca la liberazione di una sostanza chimica, l’acetilcolina, che è all’origine di una contrazione.
Quando si contraggono i muscoli consumano energia e liberano acqua, anidride carbonica e acido lattico. Dopo un grande sforzo quest’ultimo si accumula, provocando una sensazione dolorosa, crampi, indolenzimento.
La sezione sagittale di un muscolo mostra che è simile ad un cavo. Può essere definito una fascia di fili, ognuno dei quali è costituito da fili più piccoli, detti miofibrille che sono filamenti di proteine: l’actina e la miosina. I muscoli striati sono di due tipi: a contrazione rapida e a contrazione lenta.
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TESSUTO MUSCOLARE:
il tessuto muscolare è fondamentalmente di tre tipi: liscio, striato, miocardio. Il tessuto muscolare, processo di trasformazione e di sintesi delle proteine, è organizzato in filamenti fino a costituire le miofibrille che raggiungono il loro numero definitivo poco dopo la nascita. In seguito l’aumento volumetrico dei muscoli avviene per ipertrofia delle fibre causata da stimoli funzionali. Le fibre muscolari sono infatti elementi perenni, non sostituibili, ma in grado di rigenerare alcune parti.
Le fibre muscolari costituenti il tessuto striato sono plasmodi cilindrici che possono raggiungere i 200 µm. di diametro e talvolta i 20 cm. di lunghezza. Oltre che alle striature trasversali, hanno una filettatura longitudinale che testimonia la suddivisione in tante miofibrille parallele. Le fibre striate, infatti, risultano costituite da una membrana esterna avvolgente (sarcolemma) in cui, oltre alle miofibrille, sono contenuti numerosi nuclei e una certa quantità di citoplasma indifferenziato, il sarcoplasma che tramite il sarcolemma contrae rapporti con le fibre nervose della placca motrice.
Il tessuto muscolare striato è sottoposto al controllo della volontà. (Il cuore, tessuto muscolare striato, ha caratteristiche particolari; vedi miocardio).
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RECETTORI MUSCOLARI:
sono formazioni diverse che rappresentano il punto di partenza di eccitazioni destinate ad alimentare azioni riflesse, o eventi dolorosi. Sono distribuiti nel muscolo, nei tendini, nelle capsule articolari e se ne distinguono quattro diversi tipi:
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1. FUSI MUSCOLARI:
molto importanti nella regolazione della contrazione muscolare, sono costituiti da esili fibre che nella porzione mediana sono circondate dalla terminazione di una fibra sensoriale, avvolta a spirale e da una capsula fusiforme. Quando il muscolo è stirato, il fuso muscolare viene stimolato e la fibra che ne diparte eccita i neuroni motori del muscolo (d’altro canto i fusi muscolari partecipano alla contrazione muscolare adeguando la loro lunghezza a quella delle altre fibre).
I fusi muscolari svolgono anche una specie di funzione che potremmo definire di memoria motoria, funzionando come chips di un computer, memorizzando il grado di contrazione del muscolo, appunto adeguando la loro lunghezza. Inviano il loro segnale ai centri nervosi responsabili delle attività motorie e ne contorcevano ulteriori informazioni che vengono a loro volta memorizzate, questo soprattutto per i movimenti più complessi. (E’ importante comprendere come nello sviluppo dell’età vi sia sempre più una saturazione delle “memorie”, ecco perché alcuni gesti tecno – atletici è fondamentale che vengano appresi in età precoce, attorno ai 5, 6 anni).
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2. ORGANI TENDINEI DEI GOLGI:
terminazioni sensitive specializzate che avvolgono le estremità delle fibre muscolari, dove queste trapassano nel tendine. Vengono stimolati quando il muscolo si tende e quando si contrae ed inibiscono i centri motori del muscolo proteggendolo dai sovraccarichi.
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3. CORPUSCOLI DEL PACINI:
formazioni microscopiche costituite da lamine fibrose. Sono presenti nelle guaine dei muscoli nei tendini, nelle capsule articolari e sono sensibili alle deformazioni meccaniche (pressioni, spostamenti, gravità).
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4. TERMINAZIONI LIBERE:
stanno prevalentemente presso i vasi sanguigni e sono recettori dolorifici.
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CONTRAZIONE MUSCOLARE:
la contrazione muscolare consiste in un accorciamento del muscolo secondo un asse determinato, con un contemporaneo aumento di spessore senza variazione del volume ed è legata alla struttura anisotropa propria dei tessuti contrattili. I muscoli sono infatti dotati, in una certa direzione e secondo un certo asse, di una consistenza diversa da quella che presentano in altre direzioni. La contrazione muscolare presenta alcuni fenomeni:
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1. FENOMENI MECCANICI:
la contrazione muscolare è determinata dall’impulso nervoso che perviene ai muscoli dai centri nervosi mediante i nervi motori. Un muscolo, eccitato direttamente o indirettamente, può accorciarsi se una delle sue estremità è libera ed una è fissa (contrazione isotonica) o cambiare di tensione se entrambe le estremità sono fisse (contrazione isometrica).
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2. FENOMENI ELETTRICI:
il muscolo che entra in attività è sede di manifestazioni elettriche dette “correnti di azione”.
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3.FENOMENI TERMICI:
tutte le contrazioni muscolari sono accompagnate da una liberazione di calore.
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4. FENOMENI CHIMICI:
Alla base della contrazione muscolare stanno reazioni chimiche esotermiche che forniscono l’energia necessaria alla contrazione stessa. Questa comprende due fasi:
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4.1. FASE ANAEROBIA (O ANAEROBICA):
che si effettua in assenza di ossigeno ed in cui l’ATP (acido AdenosinTriPhosforico), costituente muscolare, si decompone bruscamente, fornendo l’energia chimica che si trasforma direttamente in energia meccanica responsabile dell’accorciamento delle fibre muscolari.
Il glicogeno, altro costituente muscolare, usufruendo dell’acido fosforico liberato dall’ATP (che si scinde in ADP – acido AdesinDiPhosforico e acido fosforico) subisce una serie di trasformazioni (reazioni di fosforilazione) da cui deriva l’acido piruvico e da questi, infine, l’acido lattico. Contemporaneamente si verificano reazioni di sintesi che conducono alla ricostruzione dell’ATP.
4.2. FASE AEROBIA (O AEROBICA):
in cui l’ossigeno è necessario per eliminare un quinto dell’acido lattico formatosi in precedenza. Questa reazione di ossidazione è esotermica e fornisce l’energia necessaria per la resintesi del glicogeno dai quattro quinti di acido lattico residuo.
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5. FENOMENI MOLECOLARI
i componenti più importanti delle fibrille muscolari sono due proteine: la miosina e la actina, i cui filamenti sono disposti in fasci sei intorno ad ogni filamento di miosina; il processo di contrazione, scatenato dall’impulso nervoso, comporta l’intervento di diversi sistemi enzimatici e consiste essenzialmente nello scorrimento dei filamenti di miosina fra quelli di actina.
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CONTRAZIONE STATICA:
è una contrazione sostenuta senza lavoro in senso meccanico, come ad esempio per sostenere un peso. Il tono muscolare è quindi lo stato di tensione di un muscolo a riposo.La contrazione tonica è lo stato di contrazione perdurante nel tempo, mentre quella clonica consiste in una successione ritmica di contrazioni involontarie, riflesse ed irregolari, conseguenti alla brusca distensione di un muscolo.
(fonte: enciclopedia RIZZOLI LAROUSSE)
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DEDUZIONE
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Dalle sopraesposte informazioni, possiamo fare una deduzione che, togliendo molto del romanticismo relativo ai concetti di “atleta” e “allenamento”, riconduce la materia ad un dato poco poetico, ma estremamente chiaro: l’azione risponde a trasformazioni elettrochimicoelettriche a livello cerebrale e a livello muscolare. Il muscolo, poi, è un laboratorio chimico dove si genera, si accumula e si consuma energia.
L’allenamento deve avere la funzione di dare maggiore efficienza all’impulso nervoso e maggiore capacità ai muscoli di produrre e consumare energia.
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fig. II
Muscoli scheletrici
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ANCORA SUI MUSCOLI
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Il muscolo scheletrico, anche a riposo, è in uno stato di semi contrazione che si chiama tono muscolare.
I muscoli sono organizzati in paia antagoniste (ad esempio bicipite e tricipite del braccio), quando uno si contrae, l’altro si rilassa. Questo si ottiene grazie ad un’innervazione reciproca dei due muscoli, in modo che quando uno si contrae stimolato da un neurone di moto, contemporaneamente un segnale nervoso inibitorio agisce sui neuroni di moto del muscolo antagonista, impedendogli la contrazione. Grazie a questo meccanismo i movimenti risultano coordinati.
I muscoli scheletrici sono costituiti da lunghe fibre che sono cellule polinucleate. Il loro citoplasma contiene da alcune centinaia ad alcune migliaia di fibre ancora più piccole (Ø 1 ÷ 2 µm.), dette miofibrille disposte parallelamente all’asse maggiore della fibra. Ciascuna miofiblilla è formata dall’alternarsi di bande chiare (I) e bande scure (A), dovute alla regolare distribuzione di filamenti all’interno della miofibrilla. E’ una differenza con una precisa corrispondenza chimica, essendo le due bande costituite da due diverse proteine.
La banda A è fatta di grossi filamenti (12 ÷ 18 µm.), comprendenti ognuno circa 200 molecole di miosina disposte nel senso della lunghezza del filamento.
La banda I è formata invece da filamenti più sottili (5 ÷ 8 µm.) di actina, molecola costituita da due catene avvolte ad elica, disposte parallelamente all’asse della fibra. L’unità contrattile del muscolo che comprende questa fascia è chiamata sarcomero (fig. II). Quando il muscolo è rilassato i filamenti di actina e di miosina appaiono tra loro separati. Quando i filamenti di actina slittano sopra quelli di miosina si ha la contrazione. La contrazione è dunque il risultato di una interreazione tra le due diverse proteine che viene resa possibile dall’energia fornita dall’ATP e dal glicogeno, presenti in quantità notevoli nel muscolo stesso.
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fig. III
Sarcomero
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(fonte: “FONDAMENTI DI BIOLOGIA" L. Alberghina)
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IL RUOLO DELL’ATP (acido Adenosintrifosfato) NELLA CONTRAZIONE
MUSCOLARE, FONTI ENERGETICHE DEL MUSCOLO E
DEBITO D’OSSIGENO
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Le proteine contrattili rappresentano il macchinario del sistema contrattile (muscolatura scheletrica); esso utilizza la scissione dell’ATP per ricavare l’energia necessaria alla produzione di lavoro meccanico.
La miosina che idrolizza ATP ad ADP + fosfato (Pi), viene stimolata nella reazione dal legame con l’actina. L’energia di legame dell’ATP così liberata viene utilizzata per consentire lo scorrimento della miosina sui filamenti di actina. All’esatto funzionamento di questo sistema contrattile partecipano gli ioni calcio (Ca²+) che favoriscono o inibiscono, a seconda della concentrazione, la formazione dei ponti fra miosina ed actina e quindi la contrazione, o il rilassamento del muscolo.
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Il funzionamento del muscolo è strettamente connesso alla sua disponibilità d’energia e quindi di ATP. Se questo viene a mancare il muscolo si affatica e cessa la sua attività.
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Ma l’ATP è presente nel muscolo in piccole quantità, appena sufficienti per otto contrazioni.
Poiché le contrazioni sono molte più di otto, è necessario che l’ATP, man mano che viene scisso, sia ripristinato sfruttano altre fonti d’energia, a seconda dell’intensità dello sforzo fisico.
La prima rapida richiesta viene soddisfatta dalla creatina fosfato (CP + ADP = C + ATP) che assicura circa 100 contrazioni.
Quando la CP non è più sufficiente, interviene il metabolismo degli acidi grassi, che fornisce l’ATP necessario attraverso la fosforilazione ossidativa.
Se lo sforzo si prolunga ulteriormente vengono intaccate le riserve di glicogeno immagazzinate nei muscoli. Questo può fornire energia per 10.000 ÷ 20.000 contrazioni.
Il glicogeno viene dapprima trasformato in glucosio e poi, attraverso la glicolisi e la fermentazione, in acido piruvico e quindi in acido lattico.
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Ultimate anche queste risorse il muscolo entra in crisi: non vi è più l’equilibrio fra ATP prodotto e ATP consumato e l’accumulo di acido lattico fa subentrare il fenomeno della fatica, costringendo a porre fine all’attività muscolare.
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Buona parte dell’acido lattico, circa i quattro quinti, viene rimossa ed inviata al fegato, dove verrà trasformata nuovamente in glicogeno (gliconeogenesi). L’energia necessaria a ciò viene fornita dall’ossidazione dell’acido lattico rimanente e cioè un quinto circa.
L’intero processo contrattile si realizza in assenza di ossigeno (fase anaerobica), ad eccezione dell’ossidazione di 1/5 di acido lattico, necessaria per il ripristino delle scorte di creatina e di glicogeno consumate (fase aerobica). Questa fase che avviene con l’intervento dell’ossigeno provoca un “debito d’ossigeno”, evidenziato dal fatto che, nonostante si sospenda l’attività muscolare, la ventilazione polmonare rimane ancora accelerata (nella fase attiva fino a 5 volte maggiore che a riposo); il respiro è più profondo e più frequente per un certo periodo che corrisponde a quello necessario per soddisfare il debito d’ossigeno contratto.
Il massimo debito d’ossigeno che l’organismo può contrarre è di circa 8 litri e dipende dalla massa muscolare interessata e dall’entità dello sforzo. Infatti lo sforzo fisico può essere protratto fino ad un limite massimo cui corrisponde il massimo debito d’ossigeno.
Il fatto limitante che impedisce l’ulteriore protrarsi dell’attività muscolare è l’impossibilità di un congruo apporto d’ossigeno ai muscoli rispetto al debito d’ossigeno che l’organismo contrae: le reazioni anaerobiche di scissione dell’ATP sono più rapide di quelle aerobiche di sintesi e così si contrae il debito d’ossigeno.
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Abbiamo visto come il ripristino delle riserve energetiche avvenga completamente in fase aerobica. C’è da aggiungere che al termine dello sforzo muscolare, con riposo assoluto o attivo, durante la fase di recupero, il fabbisogno di ATP cala notevolmente, mentre non cessa il fabbisogno di ossigeno che si mantiene elevato per colmare il “debito” e ripercorrere in senso inverso i processi lattacidi.
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Poiché la produzione di ATP attraverso il processo anaerobico può verificarsi senza formazione di acido lattico (sistema ATP – PC), o con formazione di acido lattico (glicolisi), anche il recupero del debito d’ossigeno prende il nome di alattacido o lattacido.
La parte alattacida è quella che viene pagata più rapidamente: in genere, anche di fronte ad uno sforzo intenso, entro i tre minuti successivi al cessare dello sforzo stesso il ripristino di PC a livello muscolare dovrebbe essere già completo.
Invece il debito d’ossigeno lattacido viene pagato in un tempo notevolmente superiore, circa 45 minuti, in quanto è necessario che l’acido lattico compia il ciclo di resintesi attraverso la fase aerobica, così come abbiamo visto nei paragrafi precedenti.
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Il pagamento del debito d’ossigeno, sia alattacido che lattacido, è anche detto recupero. Questo non avviene in modo lineare, ma segue una curva discendente che inizia in modo ripido per diventare sempre più dolce.
Nel debito alattacido entro i primi 30 secondi ne è già stato pagato la metà ed in un minuto i 3 quarti ; per quello lattacido, invece, per pagare la metà del debito occorrono circa 15 minuti e per i 3 quarti circa 30 minuti.
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Inoltre per la completa ristabilizzazione occorre che siano ricostruite tutte le riserve di glicogeno nel fegato e nei muscoli, che sia ristabilito l’equilibrio idro – salinico e che si siano ricostruite tutte quelle sostanze, anche di natura plastica, che possono essere state deteriorate da uno sforzo intenso e prolungato. Per questi motivi il tempo occorrente per una completa ristabilizzazione può variare da una prestazione sportiva e l’altra: alcuni minuti per i salti ed i lanci; alcune ore per le corse di velocità prolungata; uno o più giorni per le partite di calcio, rugby, pallacanestro, gare di fondo podistiche o di sci, ciclismo e simili; più settimane per gare come la maratona o incontri di pugilato professionistico.
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Uno degli accorgimenti che l’organismo mette in atto per far fronte alle maggiori richieste d’ossigeno, è un aumento della quantità di sangue che circola nei muscoli interessati, questo attraverso una dilatazione dei vasi capillari degli stessi muscoli, a scapito di altri organi dove avviene contemporaneamente vasocostrizione (soprattutto organi viscerali). Il flusso circolatorio può così aumentare da 40 a 100 volte. Aumenta inoltre, la concentrazione della parte corpuscolata del sangue: nuovi globuli rossi vengono messi in circolo dalla contrazione di organi come la milza che ne costituiscono un deposito (60% - 65% di elementi corpuscolari, contro il 40% del normale sangue circolante).
Durante la contrazione muscolare aumenta anche la temperatura corporea. Questa è una conseguenza del fatto che solo il 20% dell’energia chimica fornita ai muscoli si trasforma in energia meccanica, il rimanente 80% si trasforma in calore. Questo è utile all’organismo perché una temperatura più elevata comporta un aumento della velocità con cui avvengono le reazioni a livello dei tessuti e viene favorita la cessione ad essi dell’ossigeno da parte del sangue attraverso una diminuizione d’affinità dell’emoglobina con l’ossigeno.
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Riassumendo: l’energia per il lavoro muscolare è fornita dalla scissione dell’ATP e il meccanismo della contrazione è regolato dagli ioni Calcio (Ca²+). (fig.IV)
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fig.IV. Ciclo dell'ATP nel muscolo
NOTA: dal punto di vista energetico, la fermentazione del glucosio (fase anaerobica) utilizza solo in piccola parte l’energia liberata dallo zucchero, in quanto porta alla produzione di solo due molecole di ATP per ogni molecola di glucosio utilizzata, mentre nella fase aerobica l’ossidazione di ogni molecola di glucosio fornisce 38 molecole di ATP (36 se per glicolisi).
Inoltre è da tener presente che l’ossidazione degli acidi grassi (lipidi) produce circa sei volte più ATP di quanto non si ottenga con l’ossidazione degli zuccheri.
(fonte: “FONDAMENTI DI BIOLOGIA" L. Alberghina)
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Leggenda:
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A = actina Pi = fosfato NAD = nicotamide-adenindinucleotide
M = miosina C = creatina PC = fosfocreatina
M* = miosina attiva H+ = ioni idrogeno AcCoA = acetilcolina
Ca²+ = ioni calcio K+ = ioni potassio LDH = latticodeidrogenesi
Na++ = ioni sodio NaCl = sodio cloruro
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(fonte: “FONDAMENTI DI BIOLOGIA" L. Alberghina)
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fig. V. Schema semplificato dell’utilizzo delle fonti d’energia nei muscoli
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N.B.: la presenza di glicogeno nei muscoli è inversamente proporzionale alla presenza di acido lattico (più acido lattico, meno glicogeno).
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DIZIONARIO DELLE FONTI DI ENERGIA E DEL LORO UTILIZZO
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ADP (acido adenosindifosforico):
sostanza presente nei tessuti viventi dove funge da trasportatore dell’ acido fosforico. Utilizzato nel metabolismo, ad esempio, degli zuccheri. Costituito da adenina, ribosio, e un residuo di pirofosforico.
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ATP (acido adenosintrifosfrico):
composto formato da adenite, ribosio e tre molecole di acido fosforico. E’ una sostanza fondamentale per lo svolgimento delle funzioni vitali, in quanto la sua scissione in ADP e fosforo inorganico libera una notevole quantità di energia, calcolabile in circa 9.000 calorie per mole. L’ATP si forma nelle cellule a spese dell’energia derivante dai processi di degradazione delle sostanze organiche e può essere considerato un trasportatore ed una riserva di energia chimica che la cellula può utilizzare per le sue molteplici attività.
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ACIDO FOSFORICO:
composti fosforici presenti in vari modi nei tessuti viventi (ortofosforico, ecc. – fosforo).
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ACIDO LATTICO:
presente in natura nei tessuti animali e vegetali, deriva dalla riduzione dell’ acido piruvico, prodotto molto importante del metabolismo sia dei glucidi, dei protidi che dei lipidi. Il suo tasso abituale nel sangue umano è intorno ai 10 ÷ 20 mg. per cm³, ma può salire fino a 200 mg. durante violenti sforzi muscolari in condizioni di carenza d’ossigeno, anche relativa, come accade durante un intenso sforzo muscolare, questo composto chiave sostituisce l’ossigeno, legando l’idrogeno prodotto da reazioni liberatrici d’energia e permettendo il regolare proseguimento di queste. Durante tale reazione l’acido piruvico si trasforma in acido lattico, il quale si accumula nel sangue e che verrà riossidato ad acido piruvico al termine dello sforzo (tramite il legame tra ossigeno e i 4/5 di acido lattico presente). In tali condizioni si dice che i muscoli hanno contratto un debito d’ossigeno che viene saldato al termine della situazione d’emergenza.
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ACIDO PIRUVICO:
è molto diffuso nei tessuti animali in quanto è un importante intermedio del metabolismo dei carboidrati; può provenire dalla metabolizzazione del glucosio, o dal glicogeno attraverso la glicolisi; nel muscolo la sua riduzione porta alla formazione di acido lattico. Inoltre costituisce un punto di contatto con il metabolismo delle proteine.
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CARBOIDRATO:
semiacetale o semichetale poliossidrilato, o sostanza che può fornirli per idrolisi. Un carboidrato può essere monosaccaride, disaccaride o polisaccaride. I primi sono distinti in aldosi e chetosi. I secondi possono, o no,
mantenere la funzione carbolinica ed a ciò è legato il loro potere riducente. Fra i polisaccaridi, che sono veri polimeri, citiamo l’amido, la cellulosa, l’inulina. Una classe particolare è quella dei glucosidi, i quali per idrolisi danno due molecole di glucosio e una di cianidrica.
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FOSFOCREATINA (o creatinfosfato):
composto isolato dal tessuto muscolare di fondamentale importanza per la contrazione. Il ruolo essenziale sostenuto dalla fosfocreatina è dato da: F + ADP creatina + ATP.
La reazione è catalizzata da una tranfosforilasi che agisce in presenza di ioni magnesio. In pratica la fosfocreatina rende possibile la resintesi dell’ATP.
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FOSFORILAZIONE:
reazione di addizione di acido fosforico da parte di un composto organico con eliminazione di acqua. Riveste notevole importanza biologica in quanto molte sostanze (ad esempio gli zuccheri) sono assimilabili solo se sono stati fosforilati.
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GLICOGENESI:
polimerazione del glucosio in glicogeno verificatesi nel fegato e nei muscoli. Processo completo che implica una serie di reazioni:
1) il glucosio, in presenza di ATP e per azione di un enzima, si lega in posizione 6 ad una molecola di acido fosforico, trasformandosi in glucosio-6-fosfato;
2) nel glucosio-6-fosfato, per azione di un altro enzima, avviene uno spostamento del gruppo fosforico dalla posizione 6 alla posizione 1, per cui si forma glucosio-1-fosfato (estere di Cori);
3) questo in presenza di un altro enzima polimerizza finalmente a glicogeno.
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GLICOGENO:
polisaccaride di riserva dei tessuti animali ad alto peso molecolare che, per idrolisi, fornisce glucosio. Il glicogeno costituisce la tipica riserva di zuccheri dell’organismo animale. È presente soprattutto nel fegato, nei muscoli e nel rene. Sottoposto a idrolisi acida o enzimatica, si scinde in maltosio e quindi in glucosio. Questa scissione avviene nel fegato ogni volta che l’organismo richiede una immissione di glucosio nel sangue. Nel fegato avviene la formazione del glicogeno sia dal glucosio (glicogenesi), sia da fonti non glucidiche (gliconeogenesi).
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GLICOLISI:
degradazione enzimatica dei glucidi. Conversione anaerobica del glucosio fino a lattato che avviene principalmente nel muscolo. La glicolisi è nel muscolo in stretta connessione con la contrazione, in quanto è accertato che il tasso di glicogeno in questo tessuto diminuisce in condizioni di lavoro, mentre parallelamente cresce il contenuto di acido lattico. La glicolisi consta di molte reazioni di fosforilazione alle quali partecipano l’ATP e il DPN (coenzima di idrogeno). I composti intermedi più importanti sono il glucosio-6-fosfato, lo fosfogliceraldeide, l’acido ossalacetico e l’acido fosfopiruvico. Attraverso la formazione di piruvato, ciascuna molecola di glucosio da, alla fine della reazione, due molecole di lattato.
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GLICONEOGENESI:
sintesi del glicogeno da metabolici protidici, lipidici, o da acido lattico che si verifica nel fegato.
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GLUCOSIO:
monosaccaride; composto organico più diffuso in natura. Per la parte che ci interessa (biochimica), il glucosio è uno dei più importanti carboidrati della dieta, costituisce la forma di trasporto degli idrati di carbonio mediante la quale questi vengono utilizzati. Pertanto il glucosio è sempre presente nel sangue, di cui è un costituente essenziale e la sua concentrazione (glicemia) è costante in condizioni fisiologiche.
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GLUCIDE:
il metabolismo glucidico consta di una serie complessa di degradazione e di sintesi. Le prime rappresentano una delle maggiori fonti di energia per gli organismi viventi e possono esplicarsi sia in anaerobiosi, sia in aerobiosi. In entrambi i casi l’energia chimica che si libera durante la degradazione, viene in parte trasformata in calore ed in parte immagazzinata in legami ad alto valore energetico, principalmente nell’ATP. Il glucide che più frequentemente si riscontra nel sangue e nei tessuti animali è il glucosio, che può essere stato ingerito direttamente, o che può provenire dalla scissione di disaccaridi e/o polisaccaridi. Il glucosio assorbito a livello dell’intestino tenue, segue la corrente sanguigna che lo trasporta nei luoghi di utilizzo o di deposito. Quest’ultimo si effettua per glicogenesi. L’utilizzo segue vie diverse a seconda che avvenga nel muscolo per produrre lavoro, o a livello cellulare (nutrizione). Nel muscolo si ha un catabolismo anaerobico che si svolge secondo le tappe della glicolisi. Il metabolismo dei glucidi diversi dal glucosio (fruttosio e lattosio) comporta la loro trasformazione in uno dei prodotti intermedi del catabolismo del glucosio, dopo di che ha lo stesso funzionamento.
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LIPIDE (lipidico):
il significato metabolico dei lipidi è diverso da quello dei glucidi: infatti, mentre questi rappresentano il combustibile biologico per eccellenza, i lipidi sono il combustibile biologico di riserva e vengono sottratti ai depositi naturali (tessuto adiposo) solo in caso di prolungato digiuno, di malattie (diabete) e per prolungati sforzi fisici. Tuttavia i lipidi hanno in genere un metabolismo molto attivo e vengono di continuo depositati e mobilizzati. I grassi sono di estrema importanza nella dieta, in quanto apportano gli acidi grassi essenziali che non possono essere fabbricati dall’organismo (acidi linoleico, linoleinico e arachidonico) e rappresentano, inoltre, il veicolo delle vitamine liposolubili (A, D, E, K). I lipidi alimentari vengono scissi (lipolisi) nell’intestino per giungere per via linfatica ed ematica al tessuto adiposo e al fegato. Questo svolge un ruolo importante nel metabolismo lipidico: qui avviene la scissione dei lipidi in glicerolo e acido grasso. Mentre il primo segue il destino dei glucidi, l’acido grasso subisce una β-ossidazione che comporta la progressiva formazione di composti a due atomi di carbonio.
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PROTEINE (protidico, proteico)
(Metabolismo protidico):
delle proteine non approfondiremo le conoscenze, limitandoci ad alcuni cenni generali ed alla conoscenza della funzione energetica. Le proteine sono il supporto architettonico dell’organismo: pelle, ossa, muscoli, ecc., sono formati da lunghe catene di proteine (funzione plastica). Le proteine sono composte da 20 amminoacidi, 8 dei quali essenziali, cioè che l’organismo non riesce a produrre e che, quindi, debbono essere presenti nell’alimentazione. L’organismo, inoltre, non è capace di accumulare gli amminoacidi, per cui le proteine rappresentano una quota indispensabile nell’alimentazione giornaliera: il fabbisogno minimo è di 1 g. per kg. di peso corporeo al giorno.
La funzione fondamentale degli amminoacidi è quella plastica, solo secondariamente, quelli non utilizzati nella funzione primaria, vengono utilizzati in funzione energetica. Per far si che ciò avvenga gli amminoacidi debbono perdere il gruppo amminico; si forma così un chetoacido che può essere convertito in glucosio o in acido grasso, oppure essere amminato per transamminazione per formare un nuovo amminoacido. Gli acidi α-chetoacido, α chetoglutarico, ossalacetico e piruvico sono punti di contatto importanti per il metabolismo protidico, in quanto consentono la perdita del gruppo amminico e, quindi, l’utilizzo degli amminoacidi in funzione energetica.
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MINERALI – VITAMINE:
qui non rientriamo nelle fonti d’energia, ma entrambi svolgono funzioni fondamentali per il metabolismo, per le attività motorie e funzioni di controllo enzimatico ed ormonale. Non approfondiremo l’argomento, ma ci limiteremo ad indicare i più indispensabili per le funzioni organiche:
MINERALI: calcio, fosforo, ferro, iodio, magnesio, potassio, sodio.
VITAMINE: (liposolubili) A, D, E, K. (Idrosolubili) gruppo B, C.
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DEDUZIONE:
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ALLENARSI PER SFRUTTARE MEGLIO LE FONTI D’ENERGIA:
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Il nostro organismo può essere paragonato ad un perfetto laboratorio chimico che produce, trasforma, immagazzina e consuma l’energia che serve a farci vivere, pensare, compiere azioni. Un laboratorio complesso e perfetto che è in grado di ampliare le proprie prestazioni se opportunamente allenato ed addestrato. Il raggiungimento della forma in un atleta presuppone anche questa capacità di aumentare tali possibilità dell’organismo e che possiamo riassumere in pochi cenni schematici: abituare il fegato a produrre ed a immagazzinare più glicogeno; abituare i muscoli a immagazzinare più ATP e più glicogeno; abituare l’organismo a utilizzare anche lipidi come carburante energetico, in quanto costituiscono la maggiore riserva di energia; aumentare le capacità d’ossigenazione dei tessuti muscolari e dell’intero organismo in modo da utilizzare maggiormente la fase aerobica e quindi il riutilizzo dell’acido lattico (aumento delle capacità cardiocircolatorie e del sistema respiratorio).
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IMPORTANTE:
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1) poiché la contrazione muscolare è dovuta ad un impulso nervoso cerebro-spinale verso e dal muscolo, la produzione di tali impulsi ed il loro trasporto (velocità e frequenza dei neuroni) è fondamentale per compiere l’azione (condizione psicologica, capacità di concentrarsi, volontà);
2) poiché alla base del lavoro muscolare stanno reazioni esotermiche per fornire l’energia necessaria, è importante preriscaldare i muscoli stessi per prepararli ad un lavoro più intenso;
3) poiché è importante recuperare i debiti d’ossigeno, occorre alla fine di ogni lavoro intenso (gare, allenamenti specifici) compiere un recupero aerobico (defaticamento) in modo da riossidare (e poter riutilizzare) l’acido lattico.
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continua in SPORT il libro parte 2...

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