Wednesday, February 08, 2006

SPORT - Il Libro - parte 4. (Da Psicologia. Come migliorare le aspettative... , a Test IRI. - FINE)

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PSICOLOGIA. COME MIGLIORARE LE ASPETTATIVE DI EFFICACIA
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Uno dei fattori che influenza la prestazione è la fiducia che l’atleta ripone nelle proprie capacità di affrontare una specifica situazione competitiva. Le aspettative di efficacia – concetto introdotto da Bandura (1977) con il nome di self efficacy – sono una forma particolare di autostima e consistono nel sentirsi, hic et nunc, capaci di eseguire bene un determinato compito, di prendere decisioni giuste (decision taking), di cavarsela davanti a qualunque problema (problem solving), di fronteggiare con successo potenziali avversità (coping), di gestire con obiettività le cosiddette attribuzioni di casualità (interna o esterna).
In tutte le attività umane ciascuno conosce i propri limiti e agisce con disinvoltura e sicurezza entro quegli ambiti, mentre evita le azioni giudicate fuori dalla sua portata. Così fa lo sportivo con i suoi gesti atletici.
Uno degli scopi dell’allenamento è proprio il progressivo arricchimento dell’efficacia. Ciò può avvenire attraverso varie tecniche, o meglio, fonti d’informazione:
realizzazione di prestazioni, cioè la capacità di centrare un obiettivo anche solo poche volte può avviare il processo di aspettativa di efficacia, cioè la consapevolezza di riuscire a farlo.
Esperienze sostitutive: il confronto sociale è importante, vedere altri che riescono nell’esecuzione di una certa attività può convincere che ne è capace anche chi osserva (modeling).
Persuasione: incoraggiamenti verbali da parte dell’allenatore (dai, ce la puoi fare), o gratificazioni (bravo, forte!), possono convincere l’atleta attraverso la suggestione di potersi impegnare con successo. La persuasione verbale è valida se mantenuta entro certi limiti realistici e se fatta propria dall’atleta che deve imparare a ripetersi da se (self talk) incoraggiamenti ed approvazioni anche a livello di solo pensiero.
Arousal emozionale: un soggetto si sente più sicuro delle proprie capacità quando non è troppo teso e agitato. Ansia, paura, rabbia derivano dalla percezione del divario tra potenziali avversità (per esempio avversario troppo forte) e le proprie capacità a farvi fronte. Incrementando la self efficacy, eventi che inizialmente intimidivano non provocano più stati di tensione.
Attribuzione di casualità: un elemento fondamentale della self efficacy è l’attribuzione delle cause. Questa teoria (locus of control) è il modo in cui gli individui valutano i propri risultati in termini di casualità e l’influenza che tali valutazioni hanno sulle reazioni emotive e sui comportamenti successivi. Si può attribuire una sconfitta a fattori interni (scarso impegno, troppi errori), o esterni (sfortuna, errori arbitrali, avversario scorretto o troppo forte).
In genere le prestazioni buone si ripetono – una tira l’altra – anche per l’effetto euforizzante che, appunto, conferma l’efficacia. Però bisogna sempre aspettarsi il periodo nero del slamp (calo atletico) per cessazione dello stato di forma, con l’inevitabile messa in crisi della self efficacy. È opportuno incentivare al massimo le tecniche di rafforzamento della self efficacy nei periodi di forma, perché la stabilità dei risultati è, di per se, un altro importante fattore di incremento dell’efficacia.

Abitualmente le vittorie si attribuiscono ai propri meriti e le sconfitte a fattori esterni, ma questa non è la strada giusta perché esclude l’autocritica. Le emozioni positive (per la vittoria) e negative (per la sconfitta), vanno opportunamente gestite per farne comunque tesoro.
L’attribuzione di casualità interna è una regola preziosa del mental training. Talvolta riconoscere di aver sbagliato una gara risulta molto utile a quel continuo processo di crescita che è lo svolgere un’attività atletica. Così come è bene ricordare le prestazioni migliori per cercare di ripeterle, è bene ricordare le peggiori per non commettere più gli stessi errori. Oltretutto il termine locus of control è chiaro: se il locus è interno è possibile controllarlo, se è solo esterno, non resterebbero che gli scongiuri.

Fonte: “SPORT E MEDICINA” Mag. Giu. 1994
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L’ALIMENTAZIONE PER L’ATLETA
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Una corretta alimentazione è presupposto indispensabile per affrontare nel migliore dei modi gare e allenamenti; è infatti la “benzina” che dà potenza al motore umano e ne migliora il rendimento, cioè il carburante che se scelto oculatamente, permette di far brillare al massimo le capacità.
Una corrette alimentazione deve essere composta per il
60% da carboidrati (pane, pasta, riso o cereali), per il 25% ÷ 30% dai grassi (formaggi, latte, burro) e per il restante 10% ÷ 15% da proteine (pesce, uova, carne).
Naturalmente tali percentuali possono lievemente variare a seconda degli sport praticati.
Abbiamo visto come nelle cellule l’energia venga immagazzinata sotto forma di ATP e come questi deve essere costantemente resintetizzato; è un processo graduale che ha luogo soprattutto nelle centrali energetiche delle cellule, i mitocondri.
Quindi occorre rifornire l’organismo con le giuste qualità e quantità di nutrienti. Le tabelle che seguono sono un esempio di corrette alimentazione per atleti di varie discipline sportive
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tab. o
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CONSUMO DI CALORIE
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Attività ....................................Kcal./ora
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Calcio ........................................
500
Canottaggio .................................
500
Ciclismo .....................................380
Corsa ..........................................
600
Ginnastica aerobica .....................
400
Nuoto .........................................330
Pallacanestro ..............................600
Pallavolo .....................................
400
Pattinaggio .................................380
Tennis ........................................
360
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N.B: le tabelle sono puramente esemplificative e non esaustive. È da tener presente che la DIETA MEDITERRANEA è completa. Basta aver presente una qualsiasi PIRAMIDE NUTRIZIONALE che ha per base questa dieta (esempio: alla base cereali, patate riso; al centro legumi, verdure e frutta; ai vertici carne, grassi, latticini, uova - dove la base rappresenta il quotidiano e il vertice la moderazione -). È da tener presente, ad esempio, che 100 gr di pasta forniscono 350 calorie e se condita con pomodoro e un cucchiaino d’olio d’oliva se ne devono aggiungere altre 90 e se si mette il parmigiano grattugiato un’altra quarantina. La carne rossa è bene limitarla ad una volta a settimana, due / tre se si fanno sport di potenza.
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L’IMPORTANZA DI BERE
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Così come l’alimentazione, anche il bere ha la sua fondamentale importanza per l’atleta.
Abbiamo visto come il lavoro muscolare sia esotermico, cioè produca calore interno; questo fa si che durante un prolungato sforzo fisico aumenta sensibilmente la temperatura corporea: questo fa scattare tutti i meccanismi di regolazione della stessa temperatura corporea, di cui il più importante è la sudorazione. Si ha quindi, in determinate condizioni, un’importante perdita di liquidi e, insieme ad essi, di sali minerali, che sono essenziali alle funzioni dell’organismo, come il potassio, il sodio, il magnesio, in quanto sotto forma di ioni funzionano da trasportatori dell’energia. Il non reintegrare prontamente questi minerali può produrre effetti come la comparsa di crampi, perdita della lucidità, affaticamento. Soprattutto quando il clima è molto caldo, ma è comunque sempre buona norma, occorre quindi bere ogni 15 minuti circa, a piccoli sorsi, possibilmente una bevanda iposodica (troppi sali disciolti possono produrre sgraditi problemi intestinali), o acqua oligominerale.
Un’altra buona norma, specie per le gare della durata sopra l’ora, è quella che in gergo viene definita “cammellaggio”, cioè bere, partendo da un’ora prima della gara, fino a mezz’ora prima, a piccoli sorsi, un litro d’acqua o di bevande ipotoniche.
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I DOLORI MUSCOLARI DOPO UNO SFORZO
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A tutti è capitato di provare i dolori del “giorno dopo”. Chi inizia uno sport, o per chi riprende l’attività dopo una lunga pausa, nelle 24, 48 ore successive, i muscoli sono gonfi, duri, irrigiditi, doloranti. In genere si attribuisce la colpa all’acido lattico che invece è del tutto innocente, in quanto questo sottoprodotto di un intenso sforzo fisico viene completamente eliminato dall’organismo nel giro di poche ore dallo sforzo stesso.
Il dolore invece è determinato da microlesioni che si producono nelle fibre muscolari sottoposte ad uno sforzo al quale non sono abituate. Infatti al microscopio si vedono fibre muscolari gonfie, lesionate in alcuni punti, in altri quasi degenerate.
Inoltre nel sangue si scoprono, in concentrazioni nettamente superiori alla norma, sostanze come la mioglobina ed enzimi come CpK o Ldh che sono fuoriusciti dalle cellule muscolari.
Per quanto riguarda i rimedi, se non si fa niente il dolore è destinato a scomparire nel giro di 3, 4 giorni. Le fibre più danneggiate vengono svuotate e ricostruite aminoacido su aminoacido, come prima, o meglio, più adatte a sopportare il tipo di sforzo che ha prodotto il trauma.
Nonostante questo si può ridurre la portata e la durata del dolore: alcuni ricercatori californiani indicano che ci si può proteggere assumendo prima dello sforzo abbondanti dosi di vitamina E e C; dopo lo sforzo, subito dopo la seduta e nei giorni successivi è utile fare attività fisica blanda, come corse lente e stretching.
Alla sera si è dimostrato utile l’assunzione di aspirina. Utili anche i massaggi, ma solo se praticati da esperti e gli idromassaggi.

Fonte: “LA GAZZETTA DELLO SPORT”
Dr. Enrico Arcelli

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Il fenomeno del dolore muscolare dopo uno sforzo fisico è tipico di quelle attività in cui si verificano contrazioni in allungamento del muscolo (utilizzo della forza eccentrica), più che nelle attività in cui si verificano contrazioni in accorciamento (forza concentrica).
Nella bicicletta la forza è solo di tipo concentrico, mentre nella corsa verranno utilizzate entrambe: quella concentrica nella fase di spinta (i muscoli si accorciano) e quella eccentrica nella fase di atterraggio – dopo la fase aerea, in cui entrambi i piedi non toccano il suolo – (i muscoli si allungano). Per questo si potrà avverare di avvertire molto più dolore dopo una corsa in discesa che non in salita.
Terapie per alleviare il dolore possono essere il ricorso a sedute di 10, 15 minuti di stretching, soprattutto prima della comparsa vera e propria dei dolori e, comunque, per tutta la durata di questi. Può essere utile prendere un’aspirina durante i pasti. Sono da evitare i massaggi fatti in casa, questi sono utili solo se fatti da esperti. Comunque il dolore, che compare qualche ora dopo lo sforzo (ad esempio la mattina dopo) e raggiunge il massimo nelle 48 ore successive, scompare dopo 3 o 4 giorni.

Fonte: “LA GAZZETTA DELLO SPORT”
Dr. Alex Castagna
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TEST CONCONI
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Il test serve ad individuare la potenza aerobica che corrisponde al valore della soglia anaerobica.
Il protocollo di indagine del test prevede una prova da sforzo incrementabile di tipo massimale che mette in relazione la frequenza cardiaca (F.C.) con la velocità dell’atleta ed indica la soglia anaerobica della F.C., o della velocità, nel punto in cui si perde la relazione lineare tra i due parametri.
Per eseguirlo su di un podista occorrono una pista di atletica ed un cardiofrequensimetro. Dopo 10, 15 minuti di riscaldamento si percorrono 10 ÷ 15 giri di pista a ritmo crescente (ideale sarebbe incrementare la velocità in modo da aumentare la F.C. di 5, 6 battiti a giro) fino a raggiungere la velocità massima nel momento dell’esaurimento fisico.
Ogni 100 ÷ 200 metri vengono registrati la F.C. ed i tempi parziali (per stabilire la velocità) e si traduce il tutto in un grafico come nell’esempio della fig. XXV.
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TEST DI COOPER
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Il test serve ad individuare lo stato di forma generale. Per eseguirlo occorre correre per 12 minuti consecutivi, preferibilmente su di una pista d’atletica, o in alternativa su di un tracciato ben marcato nelle distanze, in modo da poter rilevare i metri che si sono percorsi alla fine dei 12 minuti.
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TEST PER LA RESISTENZA ANAEROBICA LATTACIDA
(DEI 300 METRI
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Per eseguirlo occorre correre i 300 metri con partenza da fermo. Lo sforzo deve essere di tipo massimale. È preferibile eseguirlo su di una pista d’atletica, o comunque su di una superficie piana e compatta ben misurata.
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TEST PER LA RESISTENZA ANAEROBICA ALATTACIDA
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DEI 30 METRI:

È indicato per valutare la forza esplosiva. Si esegue con partenza da fermo. È consigliabile utilizzare una pista d’atletica. Si possono eseguire 3 prove e poi fare la media; in questo caso occorrono dai 5 ai 6 minuti di recupero tra le prove; oppure una prova da fermo ed una lanciata, quindi fare la media.
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DEI 60 METRI:

È il più utilizzato per la valutazione della potenza anaerobica alattacida. Si esegue con partenza da fermo. Il test dovrebbe essere svolto su di una pista d’atletica o su di una superficie compatta e ben misurata. Possono essere eseguite più prove e poi fare la media, in questo caso occorrono dai 5 ai 6 minuti di recupero tra le prove.
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SALTO TRIPLO:

Si esegue da fermo. È un test di valutazione della potenza anaerobica alattacida riferito soprattutto agli arti inferiori. Si esegue facendo 3 salti consecutivi a piedi uniti e nudi. È preferibile eseguirlo su di una pista d’atletica.
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TEST I.R.I. (Indice di Recupero Immediato)
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Si effettua salendo e scendendo da uno scalino alto 50 cm. (40 per le donne, 30 per i ragazzi) per 30 volte in un minuto per 3 minuti consecutivi. Alla fine dell’esercizio si recupera 1 minuto, poi si contano i battiti cardiaci per 30 secondi. Ad ogni numero di pulsazioni corrisponde un punteggio (vedi tab. z). Il punteggio indica lo stato di efficienza fisica (formula I.R.I. secondo il protocollo semplificato Montone: 5,5 x pulsazioni dal 60° al 90° secondo).
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Fonte: “LA GAZZETTA DELLO SPORTIVO”
Dr. Alex Castagna
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FINE.

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